Una fonte di energia è rinnovabile quando il suo sfruttamento avviene in un tempo confrontabile con quello necessario per la sua rigenerazione. A differenza dei combustibili fossili e nucleari, le fonti rinnovabili – sole, vento, mare, calore della Terra – possono essere considerate inesauribili. Spesso vengono usati come sinonimi ‘energia sostenibile’ e ‘fonti alternative’, ma sono locuzioni che possono confondere. Nella prima, dal punto di vista dell’utilizzo, può essere compreso anche l’aspetto dell’efficienza energetica. ‘Alternative’ sono invece tutte quelle fonti diverse dagli idrocarburi, nucleare incluso. Non c’è comunque una definizione univoca, esistono in diversi ambiti diverse opinioni sull’inclusione o meno di una o più fonti nel gruppo. La legge italiana, curiosamente, assimila alle rinnovabili l’energia prodotta dai rifiuti urbani e fra gli impianti che accedono alle sovvenzioni ci sono gli inceneritori.
Le vere fonti rinnovabili sono destinate a ricoprire un ruolo fondamentale nel prossimo futuro: riducendo la dipendenza dai fossili e le emissioni di gas serra, creando nuova occupazione. Con il 16% di consumo interno lordo di energia da rinnovabili, l’Italia è apparentemente nella media europea. Ma per il 65% si tratta di idroelettrico e geotermia, per il 30% di biomasse e rifiuti e soltanto per il 3% di ‘nuove’ rinnovabili, con un peso dell’eolico pari al 2,1% e del solare inferiore allo 0,15%. Segno di un’inversione di tendenza sono quei 5.991 Comuni in cui è installato almeno un impianto per l’energia pulita. Solare fotovoltaico e termico, mini idroelettrico, geotermia, impianti da biomasse, magari collegati a reti di teleriscaldamento, sono diffusi nel 79% dei municipi. E stanno dando forma a un modello di generazione distribuita che potrebbe rivoluzionare il modo di guardare all’energia e al rapporto con il territorio.